C'è enfasi, sì; ormai la posizione di chi dichiara di ritenerla irrilevante è giudicata anacronistica, poco sostenibile (ed è giusto). Si tratta, però, sostanzialmente, di parole vuote: si sposa l'argomentazione didattica rassicurante, che giustifica e conferma ciò che si è sempre fatto (talvolta, anche il meno possibile).
Che la situazione formativa non sia ottimale è scontato; tra i problemi forse il più grave e arbitrario nella sua evitabilità è il sovrapporsi di corsi (e di diverse porzioni di uno stesso corso) dai tempi affrettati che impediscono di dedicarsi serenamente e organicamente all'apprendimento e alla rielaborazione del materiale. Altri punti sollevati mi sembrano meno drammatici, o forse semplicemente più distanti: quello della collaborazione tra studenti, che nei suoi limiti (mantengo che il momento della comprensione sia un'esperienza personale che al massimo si può indurre nel, non condividere con il prossimo) trovo sussista (non ho colto un'atmosfera di sgradevole competizione... è possibile che non sia molto bravo a rendermene conto, però, dato che non la notai neppure durante i test d'ingresso; ricordo, personalmente, di aver cercato di risolvere dubbi di altre persone nell'attesa della consegna delle prove da svolgere); allo stesso modo non posso dire di aver incontrato grosse difficoltà nel chiedere chiarimenti ai docenti, quando necessario.
Altre brevi riflessioni da spunti del seminario:
- Mi piacerebbe avere la stessa fiducia dell'insigne relatore nel potere formativo intrinseco del corso di studi in medicina e chirurgia.
- Non penso che potrei mai esibire un distacco depersonalizzante simile ai casi raccontati nei confronti di un paziente. Questo non mi preoccupa. Ciò che mi preoccupa è che non sono sicuro che non finirò per essere travolto dalla mancanza di distacco.
- Ma la scala è lineare tra il disinteresse sociopatico per l'altrui sofferenza e l'eccesso paralizzante di partecipazione? Si tratterebbe, nel caso, di stabilizzarsi su di una via di mezzo accettabile. Una via sana da percorrere, invece di un equilibrio da mantenere, sarebbe preferibile.